Devo ammettere, questo titolo non era proprio in cima alla mia lista dei "must-see", ma si sa, il settore è pieno di sorprese.
E a proposito di esperti, sono venuta a conoscenza di questa gemma cinematografica grazie ad un collega, uno di quelli con una videoteca che farebbe impallidire l’archivio Rai. Un vero guru che, giustamente, ha voluto farmi recuperare un tassello fondamentale del cinema italiano di confine.
Parliamo di "Femina Ridens" di Piero Schivazappa (1969), un film che è molto più di un semplice erotic thriller o un giallo psicologico. È un’opera che, con il senno di poi, si rivela incredibilmente coraggiosa e visivamente audace per l’epoca.
La pellicola ci catapulta nel mondo patinato e disturbato del Dottor Sayer (un magnifico Philippe Leroy, algido e ossessivo), direttore di un istituto filantropico con un hobby segreto e sadico. La sua misoginia, alimentata da un trauma infantile (la femmina dello scorpione che divora il maschio dopo l’accoppiamento), lo porta a seviziare donne in elaborati giochi di dominazione.
Finché non incontra Mary (Dagmar Lassander, al suo esordio italiano), una segretaria apparentemente indifesa che, diciamocelo, è ben più "scorpione" di quanto Sayer possa immaginare.
Il vero fascino di "Femina Ridens" non sta tanto nella trama, che gioca sul ribaltamento dei ruoli vittima-carnefice in modo piuttosto esplicito, quanto nella sua estetica Pop-Art abbagliante.
La scenografia è un tripudio di colori, oggetti di design, installazioni artistiche (la gigantesca Nana di Niki de Saint Phalle), che trasformano l’appartamento della tortura in una galleria d’arte surrealista. È qui che il film eleva il suo livello, utilizzando il glamour come filtro ironico su nevrosi e fobie.
Schivazappa non si limita a scioccare; analizza, forse in modo un po’ confuso ma sicuramente stimolante, il nascente femminismo e le dinamiche di potere uomo-donna alla fine degli anni ’60. Il finale, tagliente e beffardo, cristallizza il concetto della donna non più sottomessa, ma calcolatrice e, in ultima analisi, dominante.
In sintesi, "Femina Ridens" è un’esperienza visiva, supportata da una colonna sonora magnetica di Stelvio Cipriani. Non è un film per tutti, necessita della giusta chiave di lettura e di una certa indulgenza verso le sue ambizioni. Ma se cercate un pezzo di storia del cinema italiano che sia al tempo stesso kitsch, profondo e anticipatore, fidatevi del consiglio del collega: recuperatelo subito!