01 Agosto 2025
Avete mai sognato di combattere la fine del mondo con pennellate di luce, citazioni esistenzialiste e un sistema di combattimento che ti fa sudare?
Benvenuti in Clair Obscur: Expedition 33, il gioco che ti fa dire “che figata” e subito dopo “ma cosa sta succedendo?!”.
C’è una pittrice (che evidentemente ha saltato i corsi base di mindfulness) che ogni anno cancella persone dall’esistenza come se fosse su un file Excel. Tu fai parte della spedizione n.33, l’ennesimo tentativo di fermarla. Perché quelle prima?
Spoiler: non è andata benissimo.
Un misto tra Dark Souls, Baldur’s Gate, Dragon Quest VIII e tutti quegli JRPG di fine anni 90/primi 2000 che ogni videogiocatore nostalgico rimpiange.
Un sogno lucido. Il mondo è cupo, poetico e bellissimo: ogni fotogramma sembra uscito da una mostra d’arte post-apocalittica curata da Tim Burton.
Combattimenti a turni? Si certo, quel tanto odiato (oggi) combattimento a turni. Ma con un twist: devi anche schivare, parare, lanciare incantesimi, preparare il caffè e magari anche danzare un valzer per evitare un colpo critico. Ogni scontro è una coreografia che sfida non solo i tuoi riflessi, ma anche la tua capacità di non lanciare il controller dalla finestra.
La differenza nel gameplay sta proprio in quello, nelle schivate e nelle parate (parry a tutti gli effetti) che, se riusciti, oltre ad esaltare fanno un male pazzesco.
La percezione non è quella di un salto nel passato, ma di un videogioco che ha viaggiato nel futuro per quasi 30 anni, facendo tesoro di tutto quello che, nel frattempo, il mondo videoludico ci ha proposto, svincolandosi però dal medium di massa, da quell’industria che si presta inevitabilmente al marketing e all’hype.
L’idea che mi sono fatto di CO:E33 è che sia un capolavoro generato da entusiasti, steso con passione e devozione verso il videogioco, senza preoccuparsi di marketing o ricerche di mercato. Piaga che ha fatto cambiare drasticamente franchise come Final Fantasy, virando inevitabilmente, al fin troppo, inflazionato genere action.
Lo conferma il fatto che, alla Sandfall Interactive, ci lavorino solo una decine di persone o poco più, e che non sia una software house con migliaia di dipendenti, dove la maggior parte dei quali probabilmente staranno disegnando un platano senza sapere dove andrà infilato.
Ed ecco perché Clair Obscur funziona, perché è fatto con amore! Perché è fatto come lo avremmo fatto tutti noi videogiocatori allergici alla luce del sole.
E FUNZIONA TUTTO, MA PROPRIO TUTTO!
Sul lato autoriale lo si può considerare un capolavoro alla Stephen King. La storia è sempre coerente con picchi di intensità, colpi di scena ben distribuiti e una colonna sonora “indimenticabile”
Ho apprezzato inoltre il fatto che, i protagonisti, non siano bambini "giappo" dai tratti occidentali che si svegliano una mattina e devono salvare il mondo, ma si tratta di una squadra composta da anime tormentate con più traumi che follower su Instagram. Tutti profondi, tutti misteriosi, tutti con un tragico passato che verrà rivelato... lentamente. Molto lentamente. Tipo: “ti raccontiamo un pezzettino ogni 5 ore di gioco, sei d’accordo?”
Clair Obscur: Expedition 33 è il gioco ideale per chi:
Ama l’arte ma anche prendere schiaffi digitali;
Vuole riflettere sull’esistenza mentre lancia un incantesimo;
Non ha paura di morire. Molto. Spesso. Con eleganza.
Ma soprattutto è coraggioso, è poesia, è un low budget dal risultato AAA, è un esempio da seguire!!
Un trip audiovisivo in cui morirai poeticamente, ma con grande stile.
Bonus: Se ti perdi nella trama, tranquillo: è parte dell’esperienza.
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