Ce lo spiega
-visivamente ed emotivamente- Wim Wenders nel suo ultimo CAPOLAVORO
"Perfect Days". La storia segue le vicissitudini del signor Hirayama, un
uomo di mezza età che percorre, ogni giorno, le stesse strade, pulisce
gli stessi bagni pubblici, frequenta gli stessi posti (attorniato quasi
dalle stesse persone), legge costantemente poche pagine di libri,
ascolta musicassette vintage e fotografa gli stessi lembi di cielo.
Siamo immersi, quindi, sin da subito, in una routine quasi perfezionista
del protagonista. Ma la perfezione della sua quotidianità non è
sinonimo di felicità. Piuttosto, è la capacità di sottrarsi alla
tristezza.
Senza svelare troppo del film, dico solo che Hirayama lo
considero un Eroe anti-moderno. In un’ epoca in cui dilaga un’
esaltazione ipercinetica di se stessi, dove non c’ è più spazio per il
meravigliarsi, Hirayama rappresenta l’eroe lento, che vive di piccole
cose quotidiane, gesti semplici, immediati, su un livello esistenziale
fatto di spontaneità, ricerca di luce e saggia leggerezza.
Nella sua
"lentezza" ho ritrovato anche una grande forza, perché affronta con un
sorriso, ed una dignità senza pari, il mondo circostante e tutte le sue
ombre.
"Perfect Days" è una cardioaspirina per tranquillizzare lo
spettatore e condurlo dentro se stesso. Per aprirgli gli occhi, persino.
Per non essere fagocitato dall’ ansia di un mondo che va alla velocità
della luce e che ci fa sentire sempre più smarriti, qualora non
riuscissimo a stare al passo.